E’sempre esistita in Sardegna, nelle campagne, per i boschi, rifugiata negli sperduti “pinnetti” dei Supramontes una figura così vecchia e familiare da poter essere definita arcaica... il servo pastore, storicamente analfabeta spesso emarginato dalle piccole comunità rurali a volte bandito per necessità o per onore. Ma affidabile come i suoi cani, fedele sino alla morte, testimone e custode dei segreti più profondi del mondo agropastorale. Comunque e sempre, giorno e notte, estate e inverno, le notti di Natale e ogni giorno qualsiasi sia il santo, a fianco delle sue bestie, i piedi sulla terra del suo padrone. Questi invece sono oggi i nuovi servi pastore, un altra faccia della globalizzazione, un nuovo prodotto del III Millennio, l’altro lato di una Storia che scompare.
Sulla figura del servo pastore hanno scritto e indagato figure importanti come:
Grazia Deledda (premio Nobel per la letteratura 1926), Gavino Ledda con il celebre “Padre Padrone”, il regista Vittorio De Seta con il suo “Banditi a Orgosolo” o più recentemente Salvatore Mereu con “Sonetaula” e “Ballo a tre Passi” senza dimenticare Giovanni Columbu con il suo “Arcipelaghi”. Solo per citare gli autori più noti, i rimandi a storie di famosi banditi e uomini d’onore, e per ribadire la grande importanza culturale e sociale della figura del servo pastore. 
La molla che mi ha spinto a realizzare questa ricerca è proprio questa: stiamo perdendo la possibilità di riabilitare una figura discussa, storica, forse culturalmente scomoda, relegandola per sempre nell’oblio facendola scomparire con l’avvento -anche in questo settore- della nuova immigrazione.

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