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XMP Immagine Latente (2000/2002)
Questo progetto rappresenta per me autore il tentativo di riequilibrare uno stato percettivo sofferente e lacerato dalla ampiezza e dalla velocità di trasformazione che la  Fotografia ha subito in questi ultimi anni.
Il passaggio -tutt’ora in corso- è epocale in ogni suo aspetto ci coinvolge tutti, fruitori e creatori di immagini, tecniche e mezzi di produzione, modalità di linguaggio e mezzi di comunicazione.
In particolare ho sofferto molto per lo “scollamento” che ho provato nel periodo di transizione del passaggio dall’analogico al digitale dovuto alla sensazione che cambiassero tutti i “valori” fondativi di questa disciplina, dove di colpo sembra che tutto sia diventato una questione di numeri, algoritmi, calcoli e linguaggio informatico.
Poesia, semantica, composizione, colpo d’occhio, sensibilità pare abbiano improvvisamente aver perso tutta la loro importanza.
Il progetto Immagine Latente è una reazione ironica e provocatoria per me utile a ri-stabilire un punto di contatto tra  due mondi che  ho vissuto come “separati in casa”, quello analogico e quello digitale.
Come nella fotografia analogica il negativo appariva come qualcosa di oscuro, misterioso, tutto da decifrare e manipolare in camera oscura, così il minuscolo file “xmp” (4kb appena!) che viaggia “incollato “ al file RAW (definito anche negativo digitale) presenta il suo aspetto esteriore: incomprensibile, oscuro, respingente, senza senso.
E invece questo piccolo file, così come il caro vecchio negativo, contengono l’Immagine Latente, ossia quell’immagine che una volte sviluppata secondo le nostre intenzioni, e capacità,  ci restituiscono una fotografia finita, compiuta, godibile con uno sguardo.
Così come con bravura e competenza un fotografo sviluppava il suo negativo sviluppandolo e manipolandolo in base alle sue esigenze e in maniera assolutamente manual/artigianale tra bagni chimici e bacinelle, ora è possibile modificare, esaltare o abbassare valori cromatici, di luminosità, contrasto, scale di grigio e così via comodamente in “camera chiara” e tramite una tastiera.
Però in fotografia analogica il processo manuale era difficilmente replicabile con precisione, difficilmente si potevano ottenere due fotografie manipolandole in maniera perfettamente uguale; nel processo digitale invece tutte le nostre operazioni vengono registrate in quel piccolo file da 4kb!
Tutto ciò che rende la nostra fotografia aderente al nostro progetto, il suo “mood”, la sua atmosfera, il contrasto e quant’altro, una volta realizzato è perfettamente replicabile all’infinito. Il piccolo file xmp “parassita” del file fotografico darà al sistema le istruzioni (registrate dall’autore) per aprirlo ogni volta perfettamente uguale al precedente.
E se il fotografo cambia idea e vuole cambiare qualche effetto non c’è problema, ogni variazione viene sovrascritta e registrata nuovamente nell’xmp. 
E il negativo digitale di partenza (esattamente come il vecchio costituito da alogenuri d’argento) non cambia mai, cambiano solo le istruzioni ricevute dal software per “aprire” quel negativo e svelarci la fotografia nascosta dietro quella incomprensibile sequenza di simboli e numeri.
Quelle che propongo non sono altro che le stampe in negativo di questo codice che fanno il verso alle stampe in negativo così spesso utilizzate da molti autori dell’era analogica. 
Un confuso agglomerato di scuri alogenuri di argento ieri,
un’ordinata e ben composta serie di lettere, numeri e simboli oggi.
La magia è rimasta intatta.


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